sabato 26 dicembre 2020

E' il primo Natale senza don Angelo.

Mi è giunta, direi quasi inaspettatamente, la seguente lettera di Giancarlo Pellegrini. La pubblico su questo mio  trascurato diario perché leggendola , quasi per miracolo, mi ha fatto tornare indietro di decine di anni aprendo un piccolo squarcio nei miei ricordi relegati in soffitta.

Soprattutto ha riacceso il dolore per la recente scomparsa del nostro Don Angelo.

Hai ragione Giancarlo bisogna fare qualcosa, altrimenti il ricordo di quanto ci ha donato, finisce anche questo in soffitta. Vedremo. Purtroppo questa pandemia non agevola.


Ho girato la  lettera, a quei suoi quattro gatti de "Il Gibbo" (cos' ci chiamava don Angelo). Appena possibile ci incontreremo. Nel frattempo cerchiamo tutti di non spegnerne il ricordo nei nostri cuori. 

Caro Tonino,

è il primo Natale senza don Angelo. Forse perché con questo Covid sono uscito poco niente e non ho sentito in giro le musiche che caratterizzavano il Natale. Riandando addietro nel tempo, mi sembra di poter dire che una certa atmosfera natalizia con le musiche Astro del Ciel ecc, iniziò a Gubbio con il Movimnto Studenti. 

A voler essere pignoli ricordo che nel dicembre 1961 ci fu una bella nevicata e con Dino Clementi e il Segretariato per la Buona Stampa si fece una bella mostra di giornali e stampa per i giovani presso il Centro della Gioventù (da poco inaugurato), ravvivando l'atmosfera con le musiche natalizie. 

Poi nel dicembre 1962 con don Graziano ma soprattutto con don Angelo (e c'era anche Franco Salciarini) il periodo di Natale si ravvivo con i canti e con don Angelo che li suonava con la fisarmonica e incoraggiava anche con la chitarra.

Il Natale per i giovani e anche per Gubbio cominciò ad avere un'altra dimensione proprio da allora e la presenza del Movimento Studenti fu esemplare (preparazione a S. Filippo, canti che si provavano anche nella sede, partecipazione poi alla S. Messa a Mezzanotte e poi in sede con il vin broulé. Il che continuò poi anche a San Girolamo. Ricordo che nella Chiesetta  sul monte quasi non ci si entrava e che le macchine erano in fila negli ultimi due stradoni.

E' un mio ricordo, però non posso non ripensare a quanto don Angelo ci ha dato in tutte le sue esperienze comunitarie e spirituali, compresi il Bertoldo e il Buratto e tu puoi aggiungere Il Gibbo.

Per ora mi fermo qui. Bisognerà rivederci per studiare qualcosa di ampio e notevole.

Ti auguro tanta serenità e pace in queste feste a te e a tutta la tua famiglia.

 Un abbraccio.

Giancarlo

giovedì 31 maggio 2018



Il patrocinio della Fondazione Carisp  ad un concorso di idee per la riqualificazione di un ambito urbano


Dott. Antonio Lanuti

Membro del C.I. della Fondazione Carisp di Perugia

La Fondazione di cui faccio parte ha raccolto l’invito  del Rotary Club di Gubbio dando il proprio patrocinio a questa iniziativa alla quale ho avuto l’onore di partecipare, in qualità di  componente della Commissione Tecnica del concorso di idee per la riqualificazione  urbana di un’area della città di Gubbio, essendo stato all'uopo delegato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia.

Patrocinio che ritengo possa essere letto non come il solito mero atto formale di circostanza, ma come un vero e proprio coinvolgimento che ha permesso concretamente di vedere e contribuire; ciò addirittura attraverso la partecipazione alla commissione tecnica che ha effettuato la selezione preliminare delle proposte.

Interessante anche la modalità della selezione che ha permesso di affiancare alla “Giuria Tecnica” anche una Giuria c.d. Popolare. Ciò costituisce almeno “dalle nostri parti” un’indubbia innovazione partecipativa. Un suggerimento che mi permetto di avanzare è quello che probabilmente anche la scelta dell’area urbana (compreso il centro storico) da sottoporre a concorso, poteva forse essere scelta con meccanismi analoghi sia per ottenere il massimo di partecipazione, che per esplorare bisogni di ambiti diversi.

Resta il fatto che comunque il concorso di idee ha raggiunto appieno le finalità che si era proposto ottenendo un evidente successo e valorizzando la partecipazione di giovani professionisti; una vetrina per mettere in evidenza le idee di quanti raramente possono usufruire di analoghe occasioni.

Ritengo opportuno sottolineare  infine un altro aspetto significativo di questa iniziativa: la capacità del Rotary Club di Gubbio di aver saputo coinvolgere e di fatto mettere in rete  un notevolissimo numero di soggetti  nella promozione del concorso, come anche nella valutazione delle proposte progettuali pervenute.

La Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia si è sentita onorata per il Patrocinio richiesto e si augura che iniziative come questa possano moltiplicarsi e riconferma la propria sensibilità da sempre manifestata in favore dello sviluppo territoriale delle proprie aree di riferimento.

lunedì 18 dicembre 2017

Quando la "gnagnera" ti prende la mano.


E’ ormai circa un anno che non affido  più niente a questo “diario” delle mie emozioni .

Il tempo scorre ad una velocità supersonica, soprattutto ad una certa età.
Il mondo per quelli della mia generazione sembra impazzito: 
si torna a parlare di bombe/razzi termonucleari ed  il populismo, il fascismo/nazismo sembrano tornare ad affascinare le nuove generazioni; la gente non si parla più se non attraverso i social, si “stipulano” amicizie sul web e poi le stesse persone se si incontrano per strada difficilmente si salutano, concentrate come sono sul proprio smartphone; Trump stabilisce che la capitale di Israele è Gerusalemme; i morti determinati da presunti credi religiosi, più semplicemente da vigliaccherie, non si contano più;  la gente continua a morire per fame e a causa dei  dilaganti neo-razzismi/egoismi, ovunque: in fondo al mediterraneo, nei deserti, lungo le  innumerevoli vie della miseria e di improbabili esodi. Tutto ciò mentre noi ci accapigliamo sulle conversazioni di una ministra con un responsabile della CONSOB. Chiediamo che ne pensano
 ai disperati, a chi è costretto a piatire la vita, per se’ e per la sua famiglia, di fronte a ragazzotti  armati di Kalashnikov, imbottiti di droga  e conditi di fuorvianti ideologie  pseudo religiose.
Potrei continuare con questa “gnagnera” che quando mi prende non finisce più, secondo me l’età c’entra qualcosa. Non senza  sforzo mi fermo, cerco però di immaginare quale mondo lasceremo alle future generazioni, alle mie bellissime e amatissime  nipotine che iniziano ora a frequentare i  banchi di scuola con l’ansia impaziente e la gioia inconsapevole di tutta una vita da percorrere.
E’ proprio pensando alla nuova avventura di Maria Vittoria e Beatrice che mi è tornato in mente il più breve scritto di Isaac Asimov, colui che è stato considerato il più grande scrittore di fantascienza e non solo. Si tratta di un brevissimo racconto del 1954, considerato da Asimov stesso la più grande sorpresa della sua carriera. Questo racconto divenne celebre e fu ristampato, dopo che l'autore l'aveva scritto, su richiesta di un suo amico che lo voleva portare ad alcuni bambini a cui faceva da insegnante. Narra di due bambini del futuro che trovano in una soffitta un vecchio libro, che descrive, tra le altre cose, le caratteristiche del sistema scolastico del XX secolo.
Poiché è breve lo ripropongo di seguito anche se forse non c’entra niente con quello che ho detto sopra, ma non ne sono convinto.



Chissà come si divertivano!
di Isaac Asimov

Margie lo scrisse perfino nel suo diario, quella sera. Sulla pagina che portava la data 17 maggio 2157, scrisse: “Oggi Tommy ha trovato un vero libro!”
Era un libro antichissimo. Il nonno di Margie aveva detto una volta che, quand’era bambino lui, suo nonno gli aveva detto che c’era stata un’epoca in cui tutte le storie e i racconti erano stampati su carta.
Si voltavano le pagine, che erano gialle e fruscianti, ed era buffissimo leggere parole che se ne stavano ferme invece di muoversi, com’era previsto che facessero: su uno schermo, è logico. E poi, quando si tornava alla pagina precedente, sopra c’erano le stesse parole che loro avevano già letto la prima volta
– Mamma mia, che spreco – disse Tommy. – Quando uno è arrivato in fondo al libro, che cosa fa? Lo butta via, immagino. Il nostro schermo televisivo deve avere avuto un milione di libri, sopra, ed è ancora buono per chissà quanti altri. Chi si sognerebbe di buttarlo via?
– Lo stesso vale per il mio – disse Margie. Aveva undici anni, lei, e non aveva visto tanti telelibri quanti ne aveva visti Tommy. Lui di anni ne aveva tredici.
– Dove l’hai trovato? – gli domandò, – In casa. – Indicò senza guardare, perché era occupatissimo a leggere. – In solaio.
– Di cosa parla? – Di scuola.
– Di scuola? – Il tono di Margie era sprezzante. – Cosa c’è da scrivere, sulla scuola? Io, la scuola, la odio.
Margie aveva sempre odiato la scuola, ma ora la odiava più che mai. L’insegnante meccanico le aveva assegnato un test dopo l’altro di geografia, e lei aveva risposto sempre peggio, finché la madre aveva scosso la testa, avvilita, e aveva mandato a chiamare l’Ispettore della Contea.
Era un omino tondo tondo, l’Ispettore, con una faccia rossa e uno scatolone di arnesi con fili e con quadranti. Aveva sorriso a Margie e le aveva offerto una mela, poi aveva smontato l’insegnante in tanti pezzi.
Margie aveva sperato che poi non sapesse più come rimetterli insieme, ma lui lo sapeva e, in poco più di un’ora, l’insegnante era di nuovo tutto intero, largo, nero e brutto, con un grosso schermo sul quale erano illustrate tutte le lezioni e venivano scritte tutte le domande.
Ma non era quello, il peggio. La cosa che Margie odiava soprattutto era la fessura dove lei doveva infilare i compiti e i testi compilati. Le toccava scriverli in un codice perforato che le avevano fatto imparare quando aveva sei anni, e il maestro meccanico calcolava i voti a una velocità spaventosa.
L’ispettore aveva sorriso, una volta finito il lavoro, e aveva accarezzato la testa di Margie. Alla mamma aveva detto: – Non è colpa della bambina, signora Jones. Secondo me, il settore geografia era regolato male. Sa, sono inconvenienti che capitano, a volte.
L’ho rallentato. Ora è su un livello medio per alunni di dieci anni. Anzi, direi che l’andamento generale dei progressi della scolara sia piuttosto soddisfacente. – E aveva fatto un’altra carezza sulla testa a Margie.
Margie era delusa. Aveva sperato che si portassero via l’insegnante, per ripararlo in officina. Una volta s’erano tenuti quello di Tommy per circa un mese, perché il settore storia era andato completamente a pallino.
Così, disse a Tommy: – Ma come gli viene in mente, a uno, di scrivere un libro sulla scuola?
Tommy la squadrò con aria di superiorità. – Ma non è una scuola come la nostra, stupida! Questo è un tipo di scuola molto antico, come l’avevano centinaia e centinaia di anni fa. – Poi aggiunse altezzosamente, pronunciando la parola con cura. – Secoli fa.
Margie era offesa. – Be’ io non so che specie di scuola avessero, tutto quel tempo fa. – Per un po’ continuò a sbirciare il libro, china sopra la spalla di lui, poi disse: – Inogni modo, avevano un maestro.
– Certo che avevano un maestro, ma non era un maestro regolare. Era un uomo.
– Un uomo? Come faceva un uomo a fare il maestro?
– Be’, spiegava le cose ai ragazzi e alle ragazze, dava da fare dei compiti a casa e faceva delle domande.
– Un uomo non è abbastanza in gamba.
– Sì che lo è. Mio papà ne sa quanto il mio maestro.
– Ma va’! Un uomo non può saperne quanto un maestro.
– Ne sa quasi quanto il maestro, ci scommetto.
Margie non era preparata a mettere in dubbio quell’affermazione. Disse. – Io non ce lo vorrei un estraneo in casa mia, a insegnarmi.
Tommy rise a più non posso. – Non sai proprio niente, Margie. Gli insegnanti non vivevano in casa. Avevano un edificio speciale e tutti i ragazzi andavano là.
– E imparavano tutti la stessa cosa?
– Certo, se avevano la stessa età.
– Ma la mia mamma dice che un insegnante dev’essere regolato perché si adatti alla mente di uno scolaro o di una scolara, e che ogni bambino deve essere istruito in modo diverso.
– Sì, però loro a quei tempi non facevano così. Se non ti va, fai a meno di leggere il libro.
– Non ho detto che non mi va, io – Sì affrettò a precisare Margie. Certo che voleva leggere di quelle buffe scuole.
Non erano nemmeno a metà del libro quando la signora Jones chiamò: – Margie! A scuola!
Margie guardò in su. – Non ancora, mamma.
– Subito! – disse la signora Jones. – E sarà ora di scuola anche per Tommy, probabilmente.
Margie disse a Tommy:
– Posso leggere ancora un po’ il libro con te, dopo la scuola?
– Vedremo – rispose lui, con noncuranza. Si allontanò fischiettando, il vecchio libro polveroso stretto sotto il braccio.
Margie se ne andò in classe. L’aula era proprio accanto alla sua cameretta, e l’insegnante meccanico, già in funzione, la stava aspettando. Era in funzione sempre alla stessa ora, tutti i giorni tranne il sabato e la domenica, perché la mamma diceva che le bambine imparavano meglio se imparavano a orari regolari.
Lo schermo era illuminato e diceva – Oggi la lezione di aritmetica è sull’addizione delle frazioni proprie. Prego inserire il compito di ieri nell’apposita fessura.
Margie obbedì, con un sospiro. Stava pensando alle vecchie scuole che c’erano quando il nonno di suo nonno era bambino. Ci andavano i ragazzi di tutto il vicinato, ridevano e vociavano nel cortile, sedevano insieme in classe, tornavano a casa insieme alla fine della giornata. Imparavano le stesse cose, così potevano darsi una mano a fare i compiti e parlare di quello che avevano da studiare.
E i maestri erano persone… L’insegnante meccanico faceva lampeggiare sullo schermo: – Quando addizioniamo le frazioni 1/2 + 1/4…

Margie stava pensando ai bambini di quei tempi, e a come dovevano amare la scuola. Chissà, stava pensando, come si divertivano!
Isaac Asimov 
pubblicato  anno1954

domenica 20 novembre 2016

Referendum 4 Dicembre 2016


Ho aderito al Comitato di cui, insieme ad alcuni amici, ne abbiamo scritto il manifesto che segue.

Le ragioni sono diverse, ma sicuramente la principale è quella che dopo tanti anni di chiacchiere è ora di  modificare concretamente quelle parti della nostra Carta Costituzionale che da decenni tutti sostengono che debbono essere modificate.

La cosa più importante è che non si tocchino i principi fondamentali.

Cattolici e democratici per il
Uno sforzo di chiarezza e di verità si impone: la riforma sottoposta a referendum non tocca la Prima Parte della nostra Costituzione, dove sono affermati e sanciti i principi fondamentali, i diritti e i doveri, i valori di riferimento che, secondo noi, fanno della Costituzione italiana «la più bella del mondo».

La riforma intervenendo nella Seconda Parte della Costituzione vigente, punta a rendere più efficienti (e meno costosi) l’apparato e l’organizzazione istituzionale: efficienza e capacità decisionale che è necessario rafforzare se vogliamo che le istituzioni della democrazia possano rispondere alle sfide dei complessi cambiamenti, che sintetizziamo con la parola ‘globalizzazione’.

La riforma infatti propone il superamento del bicameralismo paritario, dando alla Camera dei deputati la pressoché totale potestà legislativa; riconoscendo solo a questa il potere di fiducia/sfiducia al governo. La riforma  razionalizza inoltre i rapporti tra Stato e autonomie territoriali, mentre attualmente in tali rapporti  c’è grande confusione e conflittualità.
Con il si rafforza la Costituzione, si rafforza la democrazia, si tutelano e rafforzano i diritti dei singoli e delle comunità.

Giancarlo Pellegrini, Paolo Salciarini, Giampiero Bedini, Giancarlo Sollevanti, Calogero Alessi, Adolfo Barbi, Mario Salciarini, Don Angelo Fanucci, Antonio Lanuti, Alberto Bertinelli, Lucio Ercoli, Valentino Biagioli, Alfredo Costi, Anita Blasi, Raoul Baldelli, Luigi Leonardi, Enzo Giovannini, Fanny Lo Gatto, Fausto Burzacchi, Francesco Pastorelli, Rossana Cecchini, Giampiero Minelli, Innocenzo Migliarini, Lauretta Nardelli, Maria Antonietta (Marisa) Leonardi, Mariolina Vispi, Massimo Mancini, Paolo Codovini, Renato Rialti, Giuseppe Antonioli Ferranti, Renato Salciarini, Maria Salciarini, Wanda Mosca, Rita Pannacci, Raffaele Franceschetti, Spartaco Capannelli.

Gubbio, novembre 2016

giovedì 22 settembre 2016

San Pietro

Cancellate le messe domenicali nella chiesa  di San Pietro.

Andiamo verso una sorta di  sconsacrazione della chiesa? Can. 1210 - Nel luogo sacro sia consentito solo quanto serve all'esercizio e alla promozione del culto, della pietà, della religione,…..



Mi auguro che non avvenga mai e che resti aperta, così che almeno Pasquale possa continuare a ramazzare lì davanti.
Il più delle volte, quasi sempre, quei pochi turisti che si avventurano nel quartiere trovano chiusa la Chiesa, sarebbe meglio chiamarla Abbazia; così lo era tanti anni fa arroccata all'imponente complesso che appartenne ai benedettini cassinesi, poi agli olivetani e infine ai camaldolesi. Ospitava contemporaneamente centinaia di monaci. Nei documenti d’archivio si trovano note più o meno di questo genere che testimoniano i rapporti con la Santa Sede: il vescovo di Gubbio accompagnato dal potente Abate di San Pietro si è recato…..
Capirete la mia tristezza quando, cercando gli orari delle messe festive ho scoperto che  a San Pietro  quelle delle ore 10 e ore 11,30, cioè le uniche due, erano stata cancellate con un tratto di penna.

Mi sono tornate in mente le corse mattutine per arrivare in tempo a svolgere la mia funzione di chierichetto, le lunghe partite a ping-pong nell'annessa sala attigua alla chiesa, la mia prima comunione, le diapositive di Don Bosone (Le squadracce fasciste bruciarono il Circolo Silvio Pellico di Gubbio di cui era animatore), la cresima, il mio matrimonio e quello di mio figlio; insomma una vita legata alla chiesa e all'annesso complesso con i suoi due cortili uno più piccolo e l’altro per anni, campo da tennis e sede di interminabili partite; prima ancora fungeva addirittura da cinema all'aperto, ne ricordo ancora la biglietteria che ha resistito a lungo anche successivamente.

Sì perché il complesso annesso alla chiesa ha ospitato per anni, oltre che le scuole al piano superiore, anche una specie di zona residenziale popolare al piano dei cortili. Insomma le celle che furono dei monaci divennero abitazioni per tante famiglie le cui persone e i cui nomi e soprannomi  non si dimenticano: Barattieri, Peppe de le Machine, la Concetta, la Ginevra, Cappannello, Arteo e la Ida, Rometta, la Zerbina, la Pupa, Francio, Baldino del Mago, Babusse (con il suo famoso motom), Pietro (mio padre) e la sua indimenticabile lambretta, che fu anche incendiata nell'androne del complesso di san Pietro)  e altri ancora di cui purtroppo ho perso memoria.

Il confinante terreno, tra le mura urbiche (oggi non più esistenti perché trasformate in negozi e prima ancora in officina meccanica e in sede dei Vigili del Fuoco) ed il complesso benedettino, ora elegante giardino che noi tutti chiamavamo “orto dei meccanici”,  era meta di scorribande che fanno tornare in mente i ragazzi della via Pal. Ora si chiama Largo degli Alberaioli.

Mons. Carlo Spaziani
Negli anni sessanta era parroco Mons. Carlo Spaziani , lo è stato per diversi decenni, amante della musica oltre che della sua chiesa di San Pietro. Era anche quello che iniziava le prediche il giorno dei risultati elettorali quando vincevano i comunisti (a Gubbio vincevano sempre ) tuonando “hanno rivinto gli Zulù”.

Durante il tempo della contestazione gli scrivemmo contro. L’articolo “Cara devota vecchietta” attirò sul Movimento Studenti le ire di tutti i “benpensanti” di allora. Fu merito di Don Carlo,  prete ormai quasi dimenticato da tutti, la realizzazione del maestoso organo che fa bella mostra di sé sopra l’entrata della Chiesa. Dai tratti aristocratici, era un prete innamorato della propria chiesa; qualche volta l’ho sorpreso quasi ad accarezzarne le pietre. A suo modo e per il suo tempo fece anche diverse opere di bene.

Dovremmo forse abituarci, per la verità già lo siamo e forse anche in maniera convinta, ad un diverso modo di vivere la nostra fede rinunciando alle vecchie abitudini ad essa connesse. Non è che possiamo mantenere il ritmo delle celebrazioni eucaristiche di quarant'anni fa con un centro storico ormai sempre più spopolato. Comprendo ovviamente tutto e condivido anche le necessità dei tempi.

Su San Pietro andrebbe fatto ben altro ragionamento che riguardi i modi per rivitalizzare il quartiere: ottima la funzione della Biblioteca Sperelliana; pessima la colata di cemento di via di fonte Avellana. Il parcheggio, opera necessaria, si poteva realizzare sicuramente con migliori soluzioni architettoniche: così com'è sembra offendere il dirimpettaio complesso monumentale.

Mi fermo qui per dire ai quattro lettori di questo blog che il mio è solo un amarcord, una specie di nostalgia per chi si avvia alla settantina, età dove i ricordi se per un verso si assottigliano, per l’altro diventano piacevolmente prepotenti a causa delle forti emozioni che procurano.



****


Chiesa di S. Pietro

L’edificio fu consacrato verso la metà dell’XI sec. Appartenne ai benedettini cassinesi, poi agli olivetani e ai camaldolesi.


La parte bassa della facciata presenta caratteri stilistici riconducibili al sec. XI. Il portale è affiancato da quattro arcate cieche poggianti su semicolonne coronate da capitelli corinzi. Nel muro sono inserite mensolette con figurazioni bestiali e motivi fitomorfi.

In alto rimangono altre tracce della facciata originaria. 

L’interno, ricostruito a partire dal primo ‘500 è ricco di opere d’arte. Sulla controfacciata si trova l’organo decorato da Antonio e Giovanni B. Maffei (1580-85). Nelle cappelle sono conservati dipinti di Virgilio Nucci (S. Sebastiano, 2° altare sin.), Francesco Allegrini (S. Michele, 3° altare sin.), Raffaellino del Colle (Natività, Storie dei SS. Placido e Mauro, 1540, 5° altare d.), Rutilio Manetti (Martirio di S. Bartolomeo, 1° altare d.).


 Nel transetto, a d. il Transito di S. Romualdo di Agostino Tofanelli, a sin. un Cristo deposto in legno del sec. XIII. L’altar maggiore è opera dell’eugubino Domenico Valli (1710); l’organo corale fu costruito nel 1689.

mercoledì 30 dicembre 2015


E' morto Sandro.

Erano ormai anni che non lo sentivo più. Non ho però mai dimenticato  la sua arguta  intelligenza , la sua profonda umanità, le sue lungimiranti intuizioni che hanno contribuito a cambiare  in un momento difficile, perché nuovo, il volto della sanità in umbria.